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Tutto uguale. L'assurda agricoltura del futuro

Oggi su “Le scienze” c'è un articolo che si intitola “La rivoluzione dei semi senza sesso” e racconta di come un gruppo di ricercatori con la tecnica dell'editing genetico (CRISPR) ha sviluppato una varietà di riso che si riproduce in modo asessuato cioè producendo semi che sono cloni geneticamente identici e che quindi, a loro volta, produrranno piante tutte uguali.

Nell'articolo si dice che questa tecnica consentirebbe di riciclare parte dei semi di ogni raccolto, a differenza di quanto avviene con gli ibridi in commercio che per garantire una resa sufficiente devono essere ricomprati ad ogni stagione.

Grazie a questo barbatrucco, si dice, la tecnica è come il Santo Graal della genetica agraria. Riciclare i semi ad ogni raccolto era quello che prima dell'agricoltura industriale già si faceva e nell'orticoltura si faceva e si fa ancora; quello che invece sembra forzato è tutto il resto, cioè produrre ancora uniformità a fronte di un generale impoverimento e perdita di diversità genetica. A questo proposito vale la pena citare una interessante intervista a Salvatore Ceccarelli, agronomo e genetista che così si esprimeva: “...E ‘ormai inequivocabile che il clima si sta riscaldando ed è molto probabile che in molti ambienti la frequenza e l’intensità degli anni siccitosi, nonché la variabilità del clima continueranno ad aumentare. Alcuni degli effetti più profondi e diretti del cambiamento climatico nei prossimi decenni saranno sui sistemi alimentari e agricoli. Sia i sistemi alimentari e agricoli odierni mal si prestano a fronteggiare l’impatto dei cambiamenti climatici a causa della grande uniformità che li caratterizza. Infatti, nonostante le piú autorevoli riviste scientifiche ci ricordino a scadenze quasi settimanali quanto la biodiversità sia essenziale per la vita su questo pianeta, la biodiversità in generale e la agro –biodiversità in particolare continuano a diminuire. I modelli che prevedono l’entitá del cambiamento climatico sono tutt’altro che concordi, e quindi é pressoché impossibile implementare un programma di miglioramento genetico, sia convenzionale che molecolare, per un obiettivo mal definito e probabilmente mutevole nel tempo...”

Ci vuole biodiversità per affrontare la variabilità. La via proposta da Ceccarelli è quella del miscuglio di semi, di popolazioni evolutive e di agricoltura condivisa. E' intuitivo, ma se si legge l'articolo proposto, si capisce meglio.

La scorsa settimana, Andrea Pitton, un agricoltore di Rivarotta, ci ha mostrato i suoi meravigliosi radicchi risultato dei loro semi mescolati: un'infinita sfumatura di forme, colori e sapori e di storie in cui un tempo ogni famiglia si cresceva un radicchio diverso risultato di quel terreno, di quel clima, di quell'acqua; poiche, come dice Ceccarelli: “...agricoltori in ambienti diversi, dove la popolazione evolutiva si evolve in modo diverso, selezioneranno varietá diverse...

Un riso (o un radicchio) tutto uguale, uscito da un laboratorio, geneticamente povero, programmato per la monocultura (il prossimo sarà il mais) non potrà espletare la sua funzione produttiva che dentro un programma di agricoltura industriale sostenuta da fertilizzanti, diserbanti e pesticidi... insomma, tutto già visto con la rivoluzione verde che doveva sfamare il mondo. Tutto già tragicamente visto.

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