E' uscito da poco il rapporto dell'Onu sulla biodiversità.
La sintesi è che in tempi relativamente brevi un milione di specie di animali e vegetali scompariranno dalla terra e dagli oceani. Il rapporto è il risultato di tre anni di censimenti messi a punto dalla Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi (Ipbes).
Qualche dato: attualmente si contano 8 milioni di specie (compresi 5,5 milioni di specie di insetti). Di queste, il tasso attuale di estinzione è da decine a centinaia di volte più alto rispetto alla media degli ultimi 10 milioni di anni e sta accelerando. In breve sparirà circa un milione di specie. 40% specie di anfibi, 33% di coralli e più del 33% dei mammiferi marini; 25% la percentuale media di specie minacciate di estinzione fra tutti i vertebrati terrestri, d'acqua dolce e di pesci vertebrati, invertebrati e gruppi vegetali che sono stati studiati in modo sufficientemente dettagliato. L'abbondanza media di specie autoctone nella maggior parte dei principali biomi terrestri è diminuita di più del 20% dal 1900; l'integrità dell'habitat terrestre globale è ridotto del 30% e dal 1970; le specie esotiche invasive sono aumentate del 70% (così nei 21 paesi in cui vi sono registrazioni dettagliate). 5,9 milioni di specie terrestri hanno habitat insufficiente per la sopravvivenza a lungo termine.
Ai tempi di Darwin l'estinzione veniva considerata un sottoprodotto dell'evoluzione nel senso che l'estinzione sarebbe stato il “destino” di chi non fosse riuscito ad essere competitivo e quindi non sufficientemente evoluto per affrontare le sfide proposte dall'ambiente circostante. Oggi questo schema è ritenuto troppo semplicistico; anzi, l'estinzione, in certi casi è motore ed accelerante dell'evoluzione; la scomparsa dei dinosauri, per esempio, ha lasciato libero il terreno all'ascesa di quella gran classe di vertebrati che sono i mammiferi. Come dice N. Eldredge: “ l’estinzione regola non tanto la diversità, ma l’evoluzione della diversità”.
Non per questo però, siamo più content*.
Perchè evidentemente il rapporto estinzione/evoluzione, guardando ai dati sopra riportati, è del tutto sbilanciato... l'estinzione è troppo veloce, l'evoluzione troppo lenta, il risultato è la perdita irreversibile di biodiversità.
Praticamente il grande estintore appartiene alla specie Homo che al momento sta letteralmente tagliando il ramo sul quale è seduto.
A Gaia potrebbe non interessare, suggerisce Isabelle Stengers, chimica e filosofa della scienza, che nel suo libro “Au temps des catastrophes. Résister à la barbarie qui vient“ richiama il concetto di Gaia il “Pianeta vivente” così come pensato da Lovelock nel 1979.
A Gaia (uno dei nomi attribuiti al pianeta Terra), non interessa, ma la sua intromissione è inevitabile. Nel pensiero di Stengers, al capitolo “L'intrusion de Gaia” lei, Gaia, si intromette nel senso che impone una domanda a noi, senza l'interesse di una risposta.
Lei si intromette nel senso che rompe la mitologia che la specie umana ha creato attorno a se stessa, al suo progresso, ai suoi successi e lo mette di fronte al suo esito catastrofico.
Quale che sia la risposta, per Gaia, che è risultato di una lunga storia di coevoluzione i cui primi artigiani, coautori ed autori reali e continui: -le innumerevoli popolazioni di microrganismi, sono ancora incessantemente all'opera-, è indifferente, nonostante le innumerevoli specie spazzate via in poco tempo.
La risposta interessa a noi, specie invasiva che invece non può più progettare un futuro con la libertà di ignorare Gaia, Gea o comunque la mitologia umana abbia voluto chiamare il pianeta... come conclude Stengers ..”non siamo più autorizzati a dimenticarla”. Lei sì, di noi.
コメント