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L'efficienza termodinamica del "secondo ordine"


Brani tratti dal Libro di Barry Commoner

“La Povertà del Potere” Garzanti 1976

pag 50-53

(Esempio riguardante l’efficienza del secondo ordine)

Consideriamo un esempio ben noto: la quantità di calore che viene sprecata quando una caldaia con bruciatore a gasolio viene utilizzata per inviare calore ad un a casa da riscaldare. Un modo per calcolare questa efficienza è basato sul primo principio della termodinamica il quale ci dice che l’energia prodotta bruciando una data quantità di combustibile deve essere conservata durante il passaggio dalla caldaia alle stanze. Pertanto, la quantità di energia perduta è uguale alla differenza fra l’energia prodotta nella caldaia e quella che raggiunge le stanze. (La differenza può rappresentare il calore che viene perduto attraverso il camino o attraverso la casa durante il percorso.) Questa efficienza del «primo ordine» può quindi essere espressa mediante il rapporto tra la quantità di calore che raggiunge le stanze e la quantità di calore che è stata prodotta bruciando il gasolio.

Il calcolo di queste efficienze è stato a lungo trascurato da tutti eccettuati i tecnici del riscaldamento e solo negli ultimi anni, quando ha cominciato a farsi pressante la necessità di risparmiare combustibile, questi dati hanno incominciato ad apparire sulla letteratura tecnica sempre più frequentemente. In ogni caso, l’efficienza di una caldaia calcolata in questo modo è abbastanza buona. L’efficienza media di un bruciatore a gasolio utilizzato per rifornire con aria calda a 43° C una casa quando la temperatura esterna è di 0° C è di circa il 60-65%.

Questo fa pensare che vi sia ancora un margine per un miglioramento ma non di grande entità; anche se il sistema avesse un’efficienza del 100% (cosa impossibile in pratica), la quantità di combustibile usato sarebbe ridotta solo del 40% o meno ancora.

Quasi tutte le stime correnti sui possibili risparmi di energia sono eseguite in questo modo, impiegando il primo principio per trovare dove va perduta l’energia e per tamponare alcune almeno di queste perdite. Il risparmio possibile non supera il 30-35 %.

Tuttavia, il primo principio, come abbiamo visto, è solo la prima pietra dell’intero edificio della termodinamica che trova nelle sottigliezze del secondo principio uno strumento rivelatore più efficace. Il secondo principio ci ricorda che di per sé l’energia non ha valore a meno che non sia usata per produrre lavoro fluendo da un punto in un altro; che ogni attività umana, anche riscaldare una casa, richiede lavoro; che il valore dell’energia viene misurato dal lavoro che può eseguire; che l’efficienza con la quale viene sfruttata l’energia deve essere misurata in base alla differenza tra la quantità di lavoro disponibile effettivamente usato per una determinata

attività e la quantità minima di lavoro che tale attività richiede.

Questi precetti basilari definiscono l’efficienza «del secondo ordine» proposta nello studio dell’American Physical Society (APS) citato prima. 8

Per calcolare questa efficienza, si inizia determinando la quantità minima di lavoro che è necessaria per realizzare un determinato scopo, nel nostro caso riscaldare una casa

fornendo aria a 43°C quando all’estern o la temperatura è di 0°C. Il secondo passo è quello di calcolare il lavoro che è disponibile nella quantità di energia che viene effettivamente usata per raggiungere lo scopo, nel nostro caso il lavoro disponibile che viene consumato quando viene bruciato il gasolio e il calore è trasferito nelle stanze. L’efficienza calcolata in base al secondo principio è il rapporto tra queste due misure o (per citare lo studio dell’APS) «---l’efficienza è uguale al rapporto tra il minimo lavoro disponibile in grado di ottenere lo scopo e l’effettivo lavoro disponibile impiegato per ottenerlo realmente».

Quando si calcola questa efficienza del secondo ordine per il sistema del bruciatore si trova 8,2%. In base al primo principio il bruciatore spreca poco meno della metà dell’energia che impiega; in base al secondo

principio spreca invece quasi tutta l’energia e utilizza soltanto l’8% del lavoro reso disponibile da questa energia. Il secondo principio dimostra quindi che vi è un margine di risparmio ben più grande di quello indicato dal primo principio.

In un certo senso, i due procedimenti affrontano problema dell’efficienza da due versanti opposti. L’approccio secondo il primo principio accentra il suo interesse sul contenuto energetico del combustibile e calcola quanto di esso non riesce a raggiungere la sua destinazione, cioè le stanze, trascura eventuali metodi alternativi per riscaldare la casa e si occupa soltanto del buon funzionamento di quel particolare metodo. L’approccio in base al secondo principio accentra il suo interesse sullo scopo e determina quanto lavoro è necessario per raggiungerlo; quindi determina quale tra i metodi per raggiungere lo scopo è quello che consente di compierlo con la minor quantità di lavoro. L’approccio in base al secondo principio rappresenta la migliore definizione

di quella qualità di una sorgente energetica che ne costituisce il valore, cioè il lavoro con essa realizzabile. E’ questa quantità che, a differenza dell’energia, viene sempre consumata, e l’efficienza di secondo grado serve appunto a cercare di scoprire il modo di consumare il meno possibile per raggiungere lo scopo.

Si viene così a scoprire che il modo più efficiente per riscaldare una casa non è bruciare combustibile ma utilizzarlo per far funzionare una specie di frigorifero. Nella sua versione domestica un frigorifero è un motore termico che usa lavoro meccanico (il lavoro di una pompa, mossa da un motore, che agisce su un gas comprimibile) per costringere il calore a fluire da un punto più freddo (l’interno del frigorifero) ad un punto più caldo (la cucina).

Lo stesso tipo di apparecchio (che ora chiameremo pompa di calore) può essere usato per portare calore in una casa calda estraendolo dall’esterno più freddo. La pompa di calore raffredda l’esterno allo scopo di riscaldare la casa, così’ come il frigorifero riscalda la cucina allo scopo di raffreddare il suo interno. Il lavoro di Carnot ci ricorda peraltro che il motore usato per far funzionare la pompa di calore, per esempio un motore diesel, non può trasformare tutta l’energia del suo combustibile in lavoro meccanico, dato che parte di essa vien e dispersa nell’ambiente sotto forma di calore. Poiché questo calore di scarto si trova ad una temperatura relativamente bassa, può essere usato per per contribuire al riscaldamento della casa (attraverso un adatto

scambiatore di calore). In accordo con lo studio dell’APS, con una disposizione di questo tipo un impianto di riscaldamento casalingo a motore diesel e pompa di calore può fornire una efficienza del secondo ordine di circa il 20%. Si tratta di un miglioramento di oltre il doppio rispetto ad una caldaia tradizionale, una cosa impossibile se l’efficienza fosse, come indica il primo principio, del 65%.

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